Omicidio di Caivano ed Elliot Page a confronto

Di seguito andrò ad analizzare la copertura mediatica di due casi mettendoli a confronto tra loro. Sono due storie che hanno coinvolto persone trans: l’omicidio di MariaPaola Gaglione a Caivano e il coming out dell’attore Elliot Page.

Sebbene sembrino due fatti assolutamente distinti senza niente in comune, dimostrerò che ci sono dei punti in comune che si possono ricondurre a come le persone trans vengono pensate e immaginate dalle persone cis che scrivono di loro.

Prima di tutto, e questo è un fatto banalmente statistico, entrambi gli avvenimenti hanno prodotto molti più articoli in lingua italiana di quanti ne siano mai stati prodotti prima per un avvenimento che coinvolgesse persone trans. Forse perché ha coinvolto anche persone cis o precedentemente ritenute cis. Questa iperproduzione, a mio avviso, indica una reazione a come si immaginava il mondo trans che è crollata. Foucault ci insegna nella sua analisi della storia della sessualità che l’iperproduzione è un dato di per sé. Potrebbe voler dire, in questo caso, che entrambi gli eventi hanno colpito nel segno l’immaginario cisgender disgregandone le certezze.

La mia ipotesi è che la morte di Maria Paola Gaglione, abbia fatto comprendere come la transfobia non uccide solo persone trans, mentre Elliot Page che è sposato, ha una carriera di successo e sembra felice, non rientra nell’immaginario pietista o medico (corpo sbagliato/disforia come “malattia” della persona piuttosto che come prodotto della società). Parlo dell’immaginario cis e dei suoi cliché qui.

Ma andiamo per ordine e cominciamo con Caivano. I fatti li conoscete tutt*: il fratello di MariaPaola e la sua famiglia non approvavano la relazione tra lei e Ciro, un ragazzo trans. La famiglia e il fratello, in particolare, non percependo Ciro come un uomo, percepivano la relazione come lesbica e la disapprovavano per questo. Hanno provato in ogni modo a dividerli fino a che MariaPaola viveva con loro, ma quando MariaPaola ha deciso di andarsene di casa, allora sono passati all‘intimidazione e alla violenza sia nei confronti della coppia che nei confronti della mamma di Ciro che lo accetta come persona trans. Fino ad arrivare all’omicidio. Come qualsiasi marito/partner violento che compie un femminicidio, qui la dinamica familiare è la stessa: le donne di casa vengono pensate come oggetti da sottomettere ad ogni costo, non è un caso che la maggioranza dei femminicidi come ci indica l’Istat, vengano compiuti da parenti e partner delle vittime.

A questo quadro si è aggiunto il parroco, che ha minimizzato l’intimidazione e la violenza “Non credo volesse davvero uccidere la sorella, forse voleva darle una lezione, saranno le indagini a stabilirlo. Di certo non era preparato culturalmente a vivere la relazione della sorella” e “È una famiglia distrutta e che non si dà pace per una figlia appena maggiorenne. Ma stiamo attenti a dipingerla come una storia di omofobia. Forse non sanno nemmeno cos’è”. Gravissime dichiarazioni che tentano inutilmente di relativizzare la violenza agita: si è trattato di un fratricidio, alla faccia della “famiglia tradizionale”.

Non so se sia stato un caso isolato quello del parroco (che pure si batte contro i roghi e gli va riconosciuto il suo impegno in una terra che la malavita rende non facile da gestire, ma questo non significa che si possano fare sconti agli omicidi) o se faceva parte del quadro politico più ampio che vede la coalizione delle destre più violente e becere con la parte più fondamentalista della Chiesa Cattolica Apostolica Romana e che usa sistematicamente paranoie sulla “famiglia tradizionale” (un concetto antropologicamente risibile) ed esacerba conflitti familiari per istigare violenza contro i gruppi LGBTI usandoli come capro espiatorio per far sfogare la frustrazione e cementare l’identità cattolica. In paesi come la Polonia e l’Ungheria questa coalizione ha già deprivato di diritti fondamentali le persone gay, lesbiche, bisessuali, trans e intersex. Mi auguro che non si tenti di ridurre anche l’Italia così. Per saperne di più su come viene usata l’identità a scopo politico si legga il bellissimo libro di Peter Pomerantsev “Questa non è propaganda”.

Passiamo a come è stato interpretato dalla stampa e dalla TV questo delitto:
In prima battuta la maggioranza dei media ha parlato di delitto omofobico, ha usato il deadname di Ciro e lo ha appellato con desinenze femminili avvalorando di fatto il punto di vista dell’assassino. Mi è stato giustamente chiesto in un’intervista da Simona Sotgiu se non si possa sorvolare sul tipo di relazione che intercorreva tra Ciro e MariaPaola onde evitare errori giornalistici. A mio avviso in questo caso non si può farlo perché è il movente e non si può farlo in ogni caso quando c’è un delitto o un reato d’odio basato su quella relazione o sull’identità di genere, ma si può evitare di dare valore e confermare il punto di vista dell’assassino, che è distorto e guidato dall’odio per la diversità.

In seguito alle notevoli proteste sui social, molta stampa ha cambiato registro e ha cambiato nomi, desinenze e titoli. Ho avuto un proficuo scambio con una giornalista del Corriere (è sempre utile conoscere le motivazioni altrui) e mi ha spiegato che i giornali oggi contano sulla velocità nella fornitura delle notizie e in questo caso si erano basati sulle informazioni fornite dall’agenzia di stampa (che probabilmente a sua volta si era basata sui dati all’anagrafe forniti dalle forze dell’ordine). L’errore, in questa fretta di dare la notizia prima e meglio del tuo competitor, ci sta e non è necessariamente sinonimo di transfobia, anzi è stato apprezzabile cambiare in seguito alle critiche e alle nuove informazioni più precise.

C’è e continuerà ad esserci una fetta minoritaria ideologica della stampa che può con impunità parlare di noi in maniera derogatoria e distorcente senza ricevere richiami da Agcom o dall’Ordine dei Giornalisti.

Di nuovo c’è che almeno per i fatti di cronaca che riguardano la violenza nei confronti di vittime transessuali (non transgender, il testo parla solo di identità sessuale), l’Ordine dei Giornalisti ha approvato in data 19 novembre delle modifiche al Testo Unico che entreranno in vigore da gennaio e che comporteranno sanzioni (non è chiaro quali).

Ad oggi l’unica cosa che provoca cambiamenti nelle narrative dei media italiani sembra essere la protesta di massa sui social. Ha funzionato per cambiare il nome di Ciro.

Quello che questa limitata (ma molto produttiva) fetta vuole ottenere è banale: come accadeva nell’ideologia nazista, mira a creare un pericolo fittizio (altrimenti detto panico morale, si legga la bella ricerca del sociologo Stanley Cohen in merito) per far sfogare la rabbia dei più frustrati nei confronti di un gruppo di minoranza in modo da evitare che se la prendano con gli effettivi responsabili delle loro condizioni. Il tutto mentre grida all’inesistente ideologia gender (l’ironia non ci sfugge).

E non si tratta nemmeno solo di stampa. Abbiamo anche il fuoco “amico” di Arcilesbica sui social media. Arcilesbica ci fornisce il ponte tra l’omicidio di Caivano ed Elliot Page con la sua linea essenzialista sull’identità di genere. Da un lato hanno interpretato come lesbica la relazione tra Ciro e MariaPaola perché si basano sui genitali. Partono dal presupposto che i genitali siano la prova incontrovertibile di chi siamo. Due vagine = coppia lesbica. Non vedono il cervello come una parte del corpo atta a determinare chi siamo. Vogliono che senza pensarci tanto su, vi identifichiate con i vostri genitali, un po’ come gli animali privi di un cervello sapiens che si fanno guidare dall’istinto riproduttivo e basta. È abbastanza paradossale che una richiesta del genere venga da una associazione che dice di voler tutelare i diritti delle lesbiche, ma chi le segue evidentemente non bada alle distorsioni cognitive.

Non siamo corpi che portano a spasso il cervello. Pensa con la tua testa. Dì NO alla transfobia.
Non siamo corpi che portano a spasso il cervello. Pensa con la tua testa, dì NO alla transfobia.

Ovviamente la loro logica non ha nessun riscontro nella realtà. A partire dal fatto che non esistono solo due sessi o due generi, continuando col fatto che nessuno è i suoi genitali, cromosomi o gonadi ma che al limite li ha; finendo con la giurisprudenza italiana che non obbliga più le persone transessuali a sottoporsi a chirurgie genitali demolitive o ricostruttive per ottenere il cambio di genere sui documenti (almeno che loro non lo vogliano).

L’essenzialismo di Arcilesbica non è stato scalfito dall’omicidio di Maria Paola perché reintepretandola come lesbica e facendo loro il punto di vista dell’assassino hanno evitato di guardare in faccia la realtà, ma è crollata di fronte al coming out di Elliot Page perché Elliot si identificava come lesbica prima di fare il coming out come persona trans non binaria. I tweet di presunto sfottò delle identità non binarie che hanno prodotto, oltre ad essere tristi, in realtà hanno rivelato tutta la loro cocente impotenza mediatica e senso di tradimento/infedeltà, di fronte ad una persona ex-lesbica, famosa e di successo che ha capito di essere trans.

Meme di infedeltà dove Elliot guarda con interesse le persone trans e non-binary mentre 7 arcilesbiche gli gettano un’occhiata carica di biasimo.

Eppure la storia lesbica è piena di personagg* non binari e trans, le butch di “Stone butch blues”, i primi trans FtM italiani che vennero invitati a parlare al convegno lesbico a Firenze nel 2004 e via dicendo. Cristina Gramolini & Co. non sono certo ignare di questa storia lesbica borderline con le identità trans essendo il libro “Stone butch blues” edito da Il dito e la luna (casa editrice fondata da una attivista lesbica che è stata anche presidente di Arcilesbica nazionale) e avendo anche curato il libro “Il movimento delle lesbiche in Italia”.

L’essenzialismo ci porta alla copertura mediatica del coming out di Elliot Page su Twitter. La maggior parte dei media italiani ha usato il deadname e il femminile. Nel peggiore dei casi hanno cercato di far sembrare Elliot indeciso e inaffidabile portando i due coming out come prova non tanto di una consapevolezza di sé che si espande nel tempo, ma come prova di immaturità. Nel più ridicolo dei casi si è usata la fotografia di un tizio random sulla spiaggia quasi a voler dire: Elliot non sembra trans quindi non mettiamo la sua foto, ma guardate come diventerà. Il fatto che il tizio random faccia la linguaccia, fa inoltre sembrare l’identità trans uno scherzo. Qui sotto una carrellata (non esaustiva).

Confronto dei titoli negativi sul coming out di Elliot Page
Titoli di giornali su Elliot Page che usano termini e foto errati o denigratori

Ci sono stati anche titoli positivi, il più positivo dei quali l’ho trovato su un quotidiano svizzero. Di seguito l’evuluzione a migliorare dei rari titoli che ho trovato da chi ha usato erroneamente “outing” al posto di coming out e il deadname, a chi usando prima l’affermazione del nome e poi la negazione del deadname è riuscit* a conferire l’idea di quello che stava accadendo, a chi ha menzionato quello per cui era famoso Elliot senza usare il deadname, infine a chi ha scritto che si possa imparare qualcosa dal suo coming out e ha menzionato che è una persona trans non-binaria.

Meme che descrive i 4 stage della copertura mediatica su Elliot Page, dal peggiore al migliore.

Sono state curiose anche le circonlocuzioni che si sono usate per descrivere il coming out invece di dire che Elliot è trans. Di seguito una carrellata ironica.

Confronto delle parole usate per descrivere che Elliot Page è trans.

C’è qualcosa che ci sfugge e che hai notato e vuoi segnalare della copertura mediatica in oggetto? Segnalalo contattando l’editor nella pagina contatti.